La leadership secondo HappyMinds
Tra le tante passioni che ho maturato in oltre vent’anni di lavoro sul marketing e la comunicazione c’è quella per il tema della leadership. Ho letto, visto, ascoltato tanto sull’argomento prima per curiosità, poi per necessità e sempre più spesso per bisogno di capire come adattare il mio ruolo di CEO di un’azienda alle esigenze e aspettative di un contesto organizzativo e sociale che cambia sempre più rapidamente.
Proprio per questo ho deciso che questo breve articolo lo scriverò in prima persona perché non parlerò di leadership in modo neutrale ma proverò a raccontarvi del modello di leadership in cui credo e che ogni giorno proviamo ad applicare in HappyMinds.
La mia visione della leadership è profondamente ispirata da diversi scrittorə e pensatorə, ad esempio Simon Sinek, autore di libri come “Start with Why” e “Ultimo viene il Leader”.
Del primo libro citato di Sinek mi porto dietro il concetto della reason why, cioè del domandarsi prima di tutto il perché di una decisione o di una scelta ancor prima del “come e del cosa”. Unə leader è tale se ha una visione ma soprattutto una motivazione forte e chiara, uno scopo condiviso o condivisibile che può essere la risposta ad ogni momento di dubbio o incertezza che prima o poi si presenta.
Del secondo libro, uscito ormai dieci anni fa nel 2014, mi porto dietro il concetto di Leader servitorə o di servant leadership che è appunto “una filosofia in cui l’obiettivo di ogni leader è servire nel suo significato più anglosassone cioè essere utile alle altre persone: un servant leader condivide il potere, mette al primo posto i bisogni di collaboratori e collaboratrici e aiuta le persone a sviluppare il proprio potenziale valorizzando il talento individuale.
Ovviamente siamo molto lontani dal modello di leadership tradizionale, fortemente incentrato sul ruolo di una sola figura carismatica che ha come obiettivo principale il successo e la prosperità della propria azienda o organizzazione.
Per questo, nella mia opinione ed esperienza, il modello di servant leadership funziona se l’organizzazione adotta anche la leadership diffusa e la leadership collaborativa portando avanti processi di responsabilizzazione ed empowerment di ogni componente del team.
Con questo modello le gerarchie tendono ad appiattirsi, la fiducia diventa il collante delle relazioni e ogni membro del team è chiamatə ad avere doti e competenze di leadership che nel nostro caso in Happy Minds prendono il nome di empatia, inclusività, apertura al cambiamento, ascolto attivo, fiducia, comunicazione, sincerità e gestione del feedback.
In Happy Minds chi sta a capo dei vari processi più che una guida è soprattutto coach, capace di allenare le competenze degli altri, lavorare sulla motivazione contribuendo a sviluppare senso di appartenenza e condivisione della vision.
Ora quanto letto e applicato in questi anni, mi ha portata e ritenere, forse ingenuamente, che ripensare i modelli di leadership nelle aziende, soprattutto in quelle piccole e medie imprese che compongono la gran parte del tessuto economico nazionale, possa aumentare il benessere generale di chi ci lavora e quindi anche delle imprese stesse. Del resto molti studi raccontano che i dipendenti e le dipendenti lasciano i manager e non le aziende, vanno via perché non apprezzano le qualità del management e non trovano un contesto motivante e gratificante.
E così nonostante great resignation, quiet quitting o recessione dei talenti siano diventate parole d’uso comune che raccontano un fenomeno sociale esploso dopo la pandemia, ma che si porta dietro decenni di malcelato malcontento e insoddisfazione di milioni di lavoratorə, il tema della leadership non sempre viene affrontato e quasi mai nel modo corretto. Tanto che è molto più facile vedere aziende che si contendono i migliori talenti sfoderando creative strategie di welfare e wellbeing aziendale (infarciti di ticket restaurant, buoni benzina, abbonamenti per la palestra etc,) mentre difficilmente ho sentito di organizzazioni che hanno visto nel proprio modello di leadership un problema da risolvere.
Ecco, arrivati sin qua io credo che la leadership per essere tale, oggi abbia bisogno di accompagnarsi a una parola chiave: umiltà. Vorrei tanto avere la maternità di questa perla di saggezza ma non è così – appunto, rimango umile 🙂
Anche in questo caso la riflessione deriva dalla lettura di un saggio intitolato “Humbitious: The Power of Low-Ego, High-Drive Leadership” scritto da Amer Kaissi. Ogni parola del titolo di questo libro apre un nuovo modo di vedere e praticare la leadership.
L’idea che unə leader debba essere “humbitious” cioè umile e ambiziosə, dove per umiltà si intende non la falsa modestia, ma saper agire con onestà nei propri confronti e con le altre persone, imparando da loro a prescindere dai ruoli, valutare correttamente le proprie capacità e i propri limiti, fare piani e progetti visionari ma ponderati e realistici.
Noi in Happy Mind ci stiamo provando, o meglio ci stiamo lavorando: ad esempio il nostro Manifesto dei Valori è una parte fondamentale del processo di evoluzione della leadership che vogliamo più aperta, inclusiva e collaborativa. Del resto sono convinta che nella leadership che verrà l’elemento cruciale non sarà “chi dirige chi” ma dove vogliamo andare tuttə insieme condividendo scelte, responsabilità e visioni.
- Kaiss, Amer. Humbitious: The Power of Low-Ego, High-Drive Leadership. Page To Press, 2022
- Laloux, Frederic. Reinventare le organizzazioni. Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana. Guerini, Guerini Next 2016.
- Morici, Giuseppe. Leader ma non troppo. Arte e fatica di guidare un’azienda, Feltrinelli 2022
- Sinek, Simon. Partire dal perché: Come tutti i grandi leader sanno ispirare collaboratori e clienti. Franco Angeli, 2011
- Sinek, Simon. Ultimo viene il leader: Perché alcuni team sono coesi e altri no. Franco Angeli, 2022
- Vitullo, Andrea. Leadership riflessive: La ricerca dell’anima nelle organizzazioni, Apogeo Education, 2010