La moda veste “green”: trend e tips per stare al passo coi tempi
Aprire il proprio armadio per fare ordine e spazio, entrare in un piccolo negozietto dell’usato, partecipare ad una fiera vintage o scaricare l’app Vinted per comprare capi ‘second hand’ non è mai stato più alla moda di così: complici tantissimi fattori e sicuramente il periodo storico che stiamo vivendo. La pandemia ha cambiato l’esistenza su tutti i fronti, e lo stesso ha fatto con il settore fashion: così la moda sta diventando sostenibile.
Il grande ritorno del vintage e dell’usato. Il mondo della moda, mai come altri settori, è caratterizzato da cicli e ricicli di tendenze e stili che si rigenerano nel corso della storia. Ma questa volta sembra proprio essere un trend destinato a cambiare le sorti del mercato.
La parola magica che oggi condiziona la moda è sicuramente il decluttering, ovvero individuare il superfluo, come filosofia di vita, per eliminarlo, sposando il principio “less is more”, come affermato dalla Mckinsey company, indicandolo nel novero dei trend più emergenti.
Con numeri e dati che vanno dal consumo di litri d’acqua per la produzione e la tintura dei capi, a emissioni di gas inquinanti, allo sfruttamento delle materie prime, come ad esempio il cotone, alla produzione di rifiuti che vanno a riempire le discariche, purtroppo il settore moda si posiziona come il secondo più inquinante, dopo quello petrolifero (causa maggiore di questo posizionamento è sicuramente il settore fast fashion che ha avuto il suo massimo sviluppo negli ultimi 10 anni).
Ma le cose stanno cambiando e tantissimi brand – luxury, premium e fast fashion – si stanno interrogando su cosa modificare nella loro supply chain per fermare questo processo e rendere la moda sostenibile: utilizzano materiali riciclati o nuovi materiali naturali e cercano di prolungare la vita dei capi, di migliorare le condizione dei lavoratori, soprattutto nei Paesi più poveri, e di sviluppare un mercato legato al “second hand” o “resale”.
Non è più il tempo di nascondersi dietro al greenwashing – quel fenomeno che permette alle aziende di mascherare comportamenti scorretti, spacciandoli al consumatore per sostenibili -, ma di fare qualcosa di davvero concreto, come sta già avvenendo, perchè le generazioni attuali di consumatori, Generazione Z e Millennials, sono pronte a questi nuovi tipi di consumi, informate e molto sensibili ai temi legati alla sostenibilità.
Generazione Z e moda sostenibile
Lo testimonia il fatto che una recente ricerca di Thred Up, marketplace di shop&sell, dimostra che la Generazione Z (i nati tra il 1995 e il primi del 2000) è passata da un consumo della moda “second hand” del circa 25% nel 2016 a uno del 40% nel 2019 e il canale maggiormente utilizzato per questo tipo di shopping è sicuramente quello online, che è in crescita fino a una previsione del 69% entro il 2021. Il mercato del “resale”, sempre secondo la stessa ricerca, dovrebbe raggiungere i 64 miliardi di dollari entro il 2024.
Da una ricerca invece svolta da SDA Bocconi in collaborazione con Camera Moda, promossa da Salesforce e resa nota da Fashion Network, viene dichiarato che il 90% dei consumatori della Generazione Z si aspetta che le aziende abbiano un impegno responsabile nel rendere l’impatto produttivo sempre più sostenibile.
Da questo emerge chiaramente come le nuove generazioni stiano compiendo una piccola rivoluzione nel modo di pensare e acquistare: senza poter scendere in piazza, come nell’immaginario collettivo dovrebbero avvenire le rivoluzioni, ma attraverso il mondo digital, facendo la propria piccola parte anche da casa propria, nel modo che meglio conoscono da veri nativi digitali.
Che cosa stanno facendo i brand per una moda più sostenibile?
Possiamo infine citare alcuni esempi virtuosi, che fanno della moda sostenibile un obiettivo perseguibile.
Brand molto noti che si stanno impegnando in questo ambito, come ad esempio Stella McCartney, Ferragamo e Patagonia, che, oltre ad altri impegni green, utilizzano per i loro capi i materiali del brand Re-verso: produttore, insieme a vari partner, di lana e cashmere 100% rigenerati. Un bel cambiamento per tutta la filiera.
Oppure lo store online mainstream Yoox che ha dedicato una sezione del sito a sponsorizzare brand sostenibili, chiamata Yooxygen, e che ha collaborato con il brand WRAD alla realizzazione di una linea di t-shirt sostenibili, tinte con la grafite di matita di scarto.
Attraverso l’app Good on you è poi possibile verificare con un click se le pratiche seguite dai brand siano davvero sostenibili e valutare l’eticità dell’azienda.
Per quanto riguarda invece il tema del “second hand” esistono diverse app e store online che stanno spopolando nel mercato dei prodotti usati. Vinted, app di ultima generazione, conta 34 milioni di utenti e permette tramite una registrazione gratuita di vendere a costo zero abbigliamento e accessori direttamente dal tuo armadio online per portare capi di moda sostenibile. In modo semplice, veloce e senza costi.
Piccoli grandi esempi che sicuramente possono fare la differenza.
E tu conosci altri brand che portano avanti progetti sostenibili o case histories su queste tematiche? Segnalacelo e ne parleremo nei prossimi articoli!