Turismo inclusivo: 4 tipi di turista che stai ignorando
Nel mondo ci sono miliardi di potenziali turisti a cui nessuno presta attenzione. Un’affermazione che può sembrare eccessiva ma che, se ci pensiamo bene, è proprio vera.
Il mondo in cui viviamo è costruito a misura d’uomo. Un uomo bianco, etero e in buona salute. Quindi non vi sorprenderà scoprire che anche le città, le destinazioni turistiche, le strade, gli edifici e le strutture ricettive sono costruite allo stesso modo.
Questo vuol dire che le persone appartenenti ad altre categorie potrebbero non sentirsi a proprio agio in vacanza oppure decidere di non viaggiare affatto.
Abbattiamo le barriere
Secondo gli esperti di Skift, il futuro dell’industria turistica è l’abbattimento delle barriere per permettere a chiunque di esplorare il mondo in totale libertà. In questa ottica, il principio che ogni operatore turistico, così come ogni cittadino, dovrebbe seguire è quello dell’inclusione. Turismo inclusivo, quindi, vuol dire accogliere qualsiasi viaggiatore e farlo sentire a proprio agio, indipendentemente dal suo background personale.
Perché abbatterle?
Beh, le motivazioni sono due: la prima riguarda la sfera morale e la seconda quella economica. In un mondo che si sposta sempre più verso i valori dell’inclusione, ma che purtroppo conserva uno zoccolo duro di persone intolleranti, scegliere di aprire la propria realtà a nuovi linguaggi e nuove persone non può che generare benessere.
Ma spostandoci su una motivazione più pratica, abbattere le barriere equivale ad attirare nuovi turisti, riempire più camere e portare valore economico sul territorio.
Ma chi sono questi potenziali target?
1. Persone con disabilità
Il 50% delle persone con disabilità non viaggia per mancanza di informazioni o per paura che qualcosa vada storto. E se contiamo che secondo l’OMS le persone che si identificano come disabili sono circa 1 miliardo, iniziamo a vedere le cose con un’altra prospettiva.
Ma se questo mondo vi sembra troppo lontano dalla vostra realtà, uno studio dei ricercatori Simon Darcy e Tracey Dickson rivela che il 30% della popolazione mondiale è destinato a sviluppare una forma di disabilità o comunque ad avere particolari bisogni a un certo punto della vita.
La ricerca di Skift sull’ospitalità inclusiva riporta dati molto interessanti su questo tipo di viaggiatori:
- 48% “Credo che le aziende turistiche possono fare di più per accogliere le persone con disabilità”
- 16% “Non sono stato accolto in modo appropriato a causa della disabilità”
- 12,5% “Ho dovuto annullare il viaggio per la mia disabilità”
- 12% “Ho avuto un’esperienza negativa con una realtà non preparata ad accogliermi”
- 6% “Sono stato discriminato per la mia disabilità”
Cosa possiamo fare? Abbattere le barriere architettoniche, proporre servizi pensati specificamente per loro, trovare modi per rendere accessibili quelli già esistenti, trattare le persone con disabilità come si farebbe con gli altri ospiti, chiedere come possiamo aiutare se non ne siamo sicuri.
2. Persone LGBTQ
L’84% delle persone LGBTQ crede che sia fondamentale che le aziende e le destinazioni facciano sforzi concreti per accoglierle. Ma lo fanno? il 37% degli intervistati crede di no.*
Se vi sembra esagerato, più di 70 Paesi nel mondo attualmente considerano un crimine le relazioni omosessuali e il concetto di transgender è causa di incomprensione, scherno o addirittura aggressioni in molte parti del mondo. In uno scenario come questo, potete capire quanto possa essere difficile per le persone LGBTQ decidere di viaggiare in una destinazione estera piuttosto che in un’altra. Anche in luoghi socialmente riconosciuti come “friendly”, non è così scontato che tutto vada liscio per una persona LGBTQ, soprattutto se incontra albergatori, ristoratori, commercianti o semplici persone del luogo che hanno atteggiamenti omotransfobici.
Cosa possiamo fare? Accogliere tutti i viaggiatori allo stesso modo, senza badare al genere o all’orientamento sessuale. Rispettare la loro identità. Evitare di indagare, fare domande inappropriate e creare situazioni imbarazzanti. Non restare a guardare se notiamo atteggiamenti aggressivi.
3. Donne
Sembrerà strano, ma anche l’essere donna può diventare un fattore di limitazione quando si prendono decisioni sui viaggi. A settembre, durante la tappa ravennate di IT.A.CÀ Festival del Turismo Responsabile, abbiamo chiacchierato con Silvia, Milena e Francesca, che hanno portato la loro testimonianza di viaggio al femminile.
Il loro pensiero mi ha fatto riflettere sul fatto che spesso per una donna decidere di prendere e partire non è così semplice. Perché? Perché per molti è difficile immaginare che una donna possa viaggiare da sola: così in hotel potrebbe dover rispondere alla domanda “quando arriva il suo accompagnatore?”, al ristorante potrebbe ricevere sguardi di compassione e potrebbe subire tante altre micro-aggressioni che molti di noi fanno senza accorgersene.
Eppure il numero di turiste in solitaria sta aumentando vertiginosamente negli ultimi anni, così come quelle che viaggiano in gruppi di sole donne.
Cosa possiamo fare? Non dare per scontato che una donna debba necessariamente viaggiare con altre persone. Accogliere, servire, ospitare e relazionarsi senza avere pregiudizi e senza interessarsi al background della turista.
4. Persone appartenenti a minoranze etniche
Ma il turismo non è internazionale e quindi non razzista per definizione?
In teoria sì, ma pensate ai turisti della vostra città. Sicuramente ci sarà una nazionalità preferita dagli operatori (provo a indovinare: occidentale, bianca e altospendente) e altre nazionalità non proprio amate.
Purtroppo anche le persone di etnie diverse da quella del luogo in cui vivono, della destinazione che scelgono o dei turisti abituali spesso incontrano difficoltà o pregiudizi, soprattutto in alcuni contesti o Paesi.
Cosa possiamo fare? Non classifichiamo le persone in base alle caratteristiche fisiche. Non diamo per scontato che una persona abbia determinati comportamenti e modi di vivere un viaggio solo perché appartiene a una determinata etnia. Cerchiamo di abbattere le barriere linguistiche e culturali.
Esistono altri potenziali target?
Teenagers, studenti universitari, golden agers, minoranze linguistiche. Ce ne sono moltissimi ma saperli accogliere non è difficile! Il punto fondamentale che accomuna tutte le persone di cui abbiamo parlato è l’inclusione.
Cerchiamo di liberarci degli stereotipi, iniziamo ad ascoltare la storia di chi è diverso da noi, diamo il massimo per andare incontro ai bisogni di ogni singola persona.
Insomma, non lavoriamo intorno alle persone, ma insieme a loro.
Michele Santoro